
Un gruppo di scienziati - composto da menti provenienti dal Jet Propulsion Laboratory della NASA e da alcune università di USA, Cina e Israele e guidato da Alan Wilner dell'Università della California del Sud - sono riusciti a trasmettere dati in modalità wireless alla strabiliante velocità di 2,56 Tbit/s.
Per raggiungere questo risultato, hanno utilizzato una tecnica che concettualmente richiama le "onde elettromagnetiche a fusillo" sperimentate da Fabrizio Tamburini dell'Università di Padova e dai colleghi dello svedese Istituto Angstrom nello scorso marzo.
Anche nel caso delle ricerche di Wilner le onde elettromagnetiche sono state attorcigliate su sé stesse: in questo caso non sono però state usate delle onde radio, ma si è scelto di adoperare la luce.
Il primo esperimento è avvenuto utilizzando su una distanza di circa un metro. Normalmente, quando si usa la luce per inviare i dati (come nei cavi a fibre ottiche), per trasmettere più dati si utilizzano luci di colori leggermente diversi.
Inoltre, dato che per ogni colore esistono due differenti polarizzazioni, ecco che già così è possibile raddoppiare il quantitativo di informazioni.
L'idea di Wilner è stata di attorcigliare su sé stesse le onde luminose, inviando più fasci attorcigliati in maniera leggermente diversa l'uno dall'altro, manipolando il loro momento angolare orbitale.
La ricezione è stata fatta "spacchettando" il segnale negli otto fasci: è in questo modo che sono stati superati i 2,5 Tbit/s.Nell'esperimento sono stati usati due gruppi di quattro fasci luminosi ciascuno, ognuno con un diverso momento angolare orbitale e polarizzato; poi i due gruppi sono stati messi a formare un unico segnale con quattro fasci al centro e quattro intorno, disposti a forma di "ciambella".
Questa tecnica, descritta nel dettaglio su Nature Photonics, funziona sia utilizzando cavi a fibre ottiche che trasmettendo in modalità wireless; i ricercatori contano di poter far funzionare il sistema su distanze fino a 1 km: andare oltre potrebbe essere impossibile per via delle interferenze causate dall'atmosfera.
«Naturalmente» - aggiunge poi il professor Wilner - «ci sono anche opportunità per le comunicazioni a lunga distanza da satellite a satellite nello spazio, dove le interferenze non sono un problema».
























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